mercoledì 28 novembre 2007

Altre informazioni su Lioni


Il Comune di Lioni

Distanza da Avellino: 48 Km
Altitudine:
550 mt.
Municipio:
p. Vittorio Emanuele, tel. 0827 / 42486
Cap:
83047

Qualche altra notizia

Per gli aiuti ricevuti dopo il sisma del 1980, il comune è oggi gemellato con le città di Roma, Sezze, Piombino e con le province di Arezzo, Grosseto, Pistoia e Bergamo.
Il primitivo borgo lionese fu possedimento di numerosi feudatari, tra i quali si ricordano i Balvano, gli Ianvilla, i Caracciolo, e gli Imperiale.
Il paese, ai piedi dei Monti Picentini, lungo il versante settentrionale, si adagia sul fiume Ofanto, in posizione ridente, a 540 metri sul livello del mare. Di alto valore naturalistico, ha i caratteri della verde Irpina e la tipologia pugliese. Difatti esso si protende verso la Puglia e la Lucania. A sud il territorio comunale è delimitato dal monta Calvello. Raggiungibile agevolmente attraverso la nuova strada statale Ofantina, è servito dalla stazione ferroviaria, lungo la linea Avellino – Rocchetta S. Antonio. Di sicuro interesse turistico, per i paesaggi e la vegetazione, è la zona bagnata dall’Ofanto. Importanti ritrovamenti archeologici nella località Fossa della Pila e S. Maria del Piano, attestano la presenza di genti preromane. La cinta muraria presente in contrada Oppido, risale invece all’età sannitica (VI – III sec. a.C.).

venerdì 23 novembre 2007

Un popolo senza memoria non ha futuro







da Michele Bortone CH Lugano
QUELLA DOMENICA DI VENTI SETTE ANNI

"DI QUEL "23 NOVEMBRE 1980"

Una data che nessuno mai dimenticherà, la terrà alle 19.36 tremò
per interminabili 90 secondi, nono grado della scala mercalli.

Aiuto fratello qui ci manca di tutto la terra ha tremato la casa ha distrutto.

L'Irpinia e la Basilicata fu devastata, il dolore e la paura mi è rimasta dentro, ricordo quella pagina del Mattino con la scritta "fate presto"!

Il terremoto del 23 novembre 1980 ha sconvolto e cambiato il volto della Campania, in Irpinia le cifre si commentano da sole: morti 2998, feriti 8245, i senzatetto 234,960. Sul terremoto dell'Irpinia si è parlato, argomenti poveri e di poca credibilità, tanti altri montati ad arte.
Se attraversiamo oggi l'Irpinia del Cratere, troviamo ancora le tracce e ferite di quella terribile Domenica. Mi guardo dentro, la paura, l'ansia mi assale nel ricordare quelle notizie non stop alla Tv. Cerco di gestire il dolore, l'emozione e lo sfogo dell'anima è il pianto. Si dice che tutto passa, il tempo e fa dimenticare, sono trascorsi venti sette anni, ma sembrano soltanto venti sette giorni.

Tutto si commenta da solo, il verde è sempre più verde di una Irpinia sempre più bella.

Con cordialità Michele Bortone

Venti tre novembre 1980

Quel tragico venti tre novembre
correndo e scherzando per le strade,
una bella giornata di festa
avvolta dentro un tiepido sole.

Pensavo fra un mese è Natale
e quanti ricordi di amici e miei cari lontani,
vola il mio pensiero tra loro
rincorrendosi con la luce, il mio cuore palpita e mi dice,
questo giorno non finisce mai.

Vai speranza corri anche tu tra loro
non chiudere mai il tramonto,
e non fermarti a guardare,
fai che la notte non insegua più il giorno
e fermi il vento che mi porta il pianto,
e le grida di aiuto di quella povera gente.

Michele Bortone

domenica 18 novembre 2007

Notizie storiche su Lioni


Lioni, il nome, le origini

di Angelo Colantuono

Da dove deriva il nome di Lioni e cosa sappiamo di preciso sulle origini del paese? La recente pubblicazione del Dizionario del dialetto lionese di Nino Iorlano, Pasquale Nesta e Nicola Garofalo è un’ occasione per riparlare dell’ argomento.
Ricapitoliamo i termini della questione. Verso la fine del Settecento il dotto abate rocchese Vincenzo Maria Santoli nel suo celebre saggio sulla Mefite e dintorni
[i] avanzò l’ idea che i Lionesi fossero i discendenti dei Liguri Apuani deportati nel Sannio dai Romani nel II secolo avanti Cristo. Santoli vedeva anche un’ affinità tra toponimo Liuni e la parola Liguri[ii]. La tesi venne rilanciata alcuni anni più tardi dallo storico nuscano Nunzio Maria Della Vecchia[iii], e fu avallata anche da Nicola Corcia, appassionato ricercatore delle antichità del Regno delle Due Sicilie: «Da Liguri si disse probabilmente Liuri, d’ onde in processo di tempo Liuni e Lioni »[iv].
La cosa è del tutto inverosimile per due buone ragioni. La prima sta nel fatto che una parola come Liuni non può essere derivata da Liguri: sarebbe contro tutte le regole della linguistica. La seconda è che dalle nostre parti i Liguri non ci sono mai stati. E’ vero che nel 180 a. C. un considerevole numero di Liguri Apuani (le fonti dicono 47mila) furono forzatamente trasferiti nei «Campi Taurasini». Ma i «Campi Taurasini» si trovavano a nord di Benevento, nella zona di Circello, Baselice, S. Bartolomeo in Galdo
[v].
Qualche anno fa Arturo Bascetta, autore di quaderni storici su diversi comuni dell’ Irpinia, ha proposto una nuova teoria: il toponimo Liuni sarebbe da mettere in relazione con il «fundus Iunianus» nominato nella Stele del dio Silvano
[vi]. Si tratta di questo. Verso la metà dell’ Ottocento ai piedi del Monte Oppido – ma in territorio di Caposele – fu trovata una grossa lapide con una iscrizione votiva risalente ai tempi dell’ imperatore Domiziano (81-96)[vii]. Un certo Lucio Domizio Faone[viii], per la «buona salute» del sovrano e della sua consorte, istituiva dei sacrifici annuali in onore del dio dei boschi. Alle spese si sarebbe provveduto con le rendite di certi fondi che egli possedeva nella zona. Uno di questi fondi era chiamato «Iunianus»[ix]. L’ idea di Bascetta è che che Liuni derivi appunto da «fundus Iunianus», attraverso la forma intermedia «l’ Iuni(anum)»[x]. Questa tesi – piuttosto spericolata – è accolta nel Dizionario di Iorlano, Nesta e Garofalo[xi] .

mercoledì 14 novembre 2007

Curiosità


I dieci cognomi più diffusi nel comune di Lioni

Nella prima colonna viene visualizzato il numero di individui aventi il cognome in oggetto, con arrotondamento al secondo decimale: ad esempio un ipotetico valore di 5,76 indicherebbe quindi che nel dato comune vi sono con maggiore probabilità sei individui, piuttosto che cinque, aventi il dato cognome.

Numero Cognome
176,00 Perna
173,25 Garofalo
129,25 Di Paolo
121,00 Albanese
118,25 D`Amelio
93,50 Finelli
85,25 Soriano
74,25 Di Conza
74,25 Recce
68,75 Nittoli

lunedì 12 novembre 2007

Il terremoto in Irpinia: alcune testimonianze



23 novembre 1980
Quel tragico ventitré novembre correndo e scherzando per le strade, una bella giornata di festa avvolta dentro un tiepido sole. Pensavo fra un mese è Natale e quanti ricordi di amici e miei cari lontani, vola il mio pensiero tra loro rincorrendosi con la luce, il mio cuore palpita e mi dice, questo giorno non finisce mai. Vai speranza corri anche tu tra loro non chiudere mai il tramonto, e non fermarti a guardare, fai che la notte non insegua più il giorno e fermi il vento che mi porta il pianto, e le grida di aiuto di quella povera gente.

Michele Bortone
Lugano,
bortmik@freesurf.ch

Erano le 19.35 del 23 novembre 1980, quando due scosse sismiche a distanza di pochi secondi una dall'altra sconvolsero per un interminabile minuto e venti secondi una vasta area dell'Appennino meridionale, a cavallo tra l'Irpinia e la Basilicata. Scosse del decimo grado della scala Mercalli che causarono oltre 2.000 morti, 10.000 feriti, 300.000 senza tetto. Furono cancellate oltre 77mila costruzioni in 686 comuni ed altre 275.000 rimasero gravemente. Lioni, Laviano, Sant'Angelo dei Lombardi, Conza, Lioni, Teora, Pescopagano... interi paesi scomparvero in pochi istanti. Paesi dai nomi quasi sconosciuti, fino a ieri; ora scolpiti nella memoria. Migliaia furono i volontari accorsi da ogni parte d'Italia e del mondo. Le sovvenzioni per la ricostruzione (60.000 miliardi di vecchie lire se si include anche la zona di Napoli) causarono in seguito altri terremoti, quelli politici per gli scandali per la ricostruzione.
Ma la verità "vera" è che fu proprio Napoli e non l'Irpinia a beneficiare di quasi tutti quei soldi. "Non vi dimenticheremo" disse ai terremotati il Presidente della Repubblica Sandro Pertini. In queste zone a distanza di venticinque anni si parla ancora di Terremoto.
Lino Sorrentini
direttore responsabile
www.agendaonline.it
Agendaonline.it ha realizzato uno speciale fotografico per non dimenticare.


Ci sono giorni in cui Si muore, giorni in cui il destino accomuna migliaia di anime in un unico destino beffardo. Uno di quei giorni... Erano le 19.35 del 23 novembre 1980, quando due scosse sismiche a distanza di pochi secondi una dall'altra sconvolsero per un interminabile minuto e venti secondi una vasta area dell'Appenino meridionale, a cavallo tra l'Irpinia e la Basilicata. Scosse del decimo grado della scala Mercalli che causarono oltre 2.000 morti ed oltre 10.000 feriti, 300.000 senza tetto, La furia di uno dei terremoti più violenti del secolo. Lioni, Laviano, Sant'Angelo dei Lombardi, Conza, Teora, Pescopagano... interi paesi non esistevano più. Cancellarono oltre 77mila costruzioni in 686 comuni e ne danneggiarono gravemente altre 275.000. Paesi dai nomi quasi sconosciuti, fino a ieri. Migliaia i morti. Le sovvenzioni per la ricostruzione (60.000 miliardi se si include anche la zona di Napoli) causarono in seguito altri terremoti politici per gli scandali per la ricostruzione. Migliaia i volontari accorsi da ogni parte d'Italia e del mondo. "Non vi dimenticheremo" disse ai terremotati il Presidente della Repubblica Sandro Pertini. In queste zone a distanza di venticinque anni si parla ancora di Terremoto. Si lavorava giorno e notte alla luce delle fotocellule con la speranza di ritrovare dei superstiti sotto le macerie. Intere palazzine sbriciolate. Tantissime scosse di terremoto seguirono quel 23 novembre e ti trovavi sbattuto da una parte all'altra come un filo di erba, sentendoti impotente contro le forze della natura... mi tornano alla mente i racconti dei contadini spaventati che mi raccontavano che la terra si muoveva come le onde del mare. Avevamo deciso, io e i miei amici, di partire da Roma e portare dei soccorsi... non quelli ufficiali. Raccoglievamo materiale nei centri di raccolta e andavamo per le campagne con un furgone a cercare gente isolata che aveva bisogno delle cose più elementari e il furgone era anche la nostra casa viaggiante. Un giorno ci trovammo, in prossimtà di una delle case che vedrete nelle foto. Sbucò improvvisamente dalla nebbia un uomo anziano, aveva circa 80 anni, mi corse incontro e mi gettò le braccia al collo e stringendomi forte, piangendo, mi implorò di portarlo via di là... aveva perso tutto. Il cuore e la mente mi si sbriciolarono come polvere al vento e ancora oggi sento le sua voce rotta dal pianto. Questa esperienza ha segnato la mia esistenza. Da allora niente fu uguale a prima... Ci volle molto tempo per riprendermi ma rimase un segno profondo dentro di me.
Massimo De Dominicis


Il seguente articolo è linkato su www.repubblica.it/speciale/irpinia/container.html


Irpinia, venti anni dopo
IL REPORTAGE/2
Le anomalie della ricostruzione nella città più ricca del cratere
Lioni, container senza fine
"Ne restano un centinaio, c'è chi non vuol andar via"
di ELEONORA BERTOLOTTO

LIONI - Il marocchino vende orologi sulla strada della cattedrale, ha ricavato un banco nella nicchia accanto alle vetrine del bar "Venezia", un luogo insieme esposto e appartato, quasi un bazar dove puoi trovare di tutto e apprezzare la gentilezza un po' circospetta di uno che il vento della miseria ha spazzato via dall'Atlante e non gli par vero di essere trapiantato qui fra le montagne, fuori da ogni rotta, nel cuore del cratere, grazie alle baracche del terremoto. Rosetta D'Amelio, il sindaco, la racconta in questo modo: "Disgraziatamente non siamo ancora riusciti a smantellare tutti i prefabbricati". Ne restano un centinaio, per quattrocento persone, vent'anni dopo. Non ci abitano solo i terremotati storici, ovviamente. Di questi, ce n'è una manciata che non aveva una casa di proprietà al momento del crollo e per cui non è stata tempestivamente pensata una risposta in termini di edilizia economicopopolare. Ma la gran parte degli inquilini è di seconda e terza generazione: nuove coppie che, non avendo un luogo dove andare, si sono sistemate alla meno peggio nei locali che qualcuno aveva sgombrato. E c'è fra gli altri, per l'appunto, una piccola comunità di colore attratta da una città con vocazione commerciale così spiccata da renderla persino tollerante. Ma è ben ora di finirla con queste "case provvisorie", vent'anni dopo. Tanto più che, collaudate com'erano per un tempo infinitamente più breve, hanno pannelli con l'amianto e a rigore andrebbero subito abbattute. Uscire dal passato non è comunque facile, anche se l'impresa è tardiva e se il passato è doloroso e precario. Così oggi risulta complicata non solo l'opera di smantellamento (si tratta pur sempre di rifiuti speciali per cui si è reso necessario uno stanziamento della Regione). E' anche difficile convincere una piccola massa di diseredati che pagare una pigione, ancorché modesta (qui gli affitti si aggirano attorno alle trecentomila lire al mese), per un "vero" appartamento è cosa migliore che starsene gratis in uno "finto". L'aspetto paradossale, dunque, è che il travaso, apparentemente positivo, viceversa non è immune dalle polemiche. Al punto che la signorasindaco, che è sociologa e per professione prima di essere eletta si occupava dei servizi sociali, per liberare un primo lotto d'una trentina di prefabbricati (poi ne resteranno altri cinquanta) si è indotta a contribuire con una quota rilevante, duecentomila lire, agli affitti che dovrebbero essere sborsati dalle famiglie meno abbienti. In attesa, ovviamente, che si completino le case popolari oggi in costruzione e che (forse) l'anno venturo saranno consegnate. Per il raduno dei volontari che dopodomani, nel giorno dell'anniversario, si svolge proprio qui, in quella che con i suoi 228 morti e la quasi totale distruzione è diventata la cittàsimbolo del terremoto Lioni si è preparata alla grande, inaugurando una serie di opere pubbliche appena ultimate (dal centro per anziani al palazzetto dello sport fino al teatro all'aperto dove sono conservate le vestigia del tempo che fu "prima" del sisma, ben poca cosa una fontana e un portale ma fortemente simbolica), e soprattutto allestendo un parco contiguo alla centralissima piazza San Rocco, un parco che ha chiamato "della solidarietà", dove si potrà camminare fra le piante regalate dalle Province di Pistoia e di Siena e che sono tante quante furono le vittime. E' il tentativo senza retorica di "rinnovare le radici" restando legati a un passato che è difficile individuare quando tutto è troppo nuovo, troppo ricostruito. Esigenza comunque fortemente sentita da una città (l'unica del cratere) proiettata senza tentennamenti verso il futuro, forte com'è della sua area industriale che non ha dato esiti fallimentari (una delle poche), ma soprattutto delle 800 attività commerciali e d'artigianato (una ogni 7 abitanti, quasi una per famiglia), dei 12 bar, dei 10 pub che ogni weekend attirano non meno di cinquemila giovani dai paesi delle colline circostanti. Sarà che aveva poca storia da esibire (Lioni è sì antichissima, se è vero che compare nelle guerre sannite e che nei registri angioini già le veniva attribuito il nome Leonum, ma non aveva certo le preesistenze di tanti altri centri che le fanno corona), la città che uscì dal sisma badò subito al concreto, senza per altro dover scendere a patti con troppi vincoli. Già allora era fatta di artigiani e commercianti, che si rimboccarono le maniche e cominciarono a lavorare quando ancora non erano usciti dalle tende. E fra le prime iniziative comunali ci fu la creazione di un'area destinata alla vendita e alle attività produttive che oggi esiste ancora e che fin da allora ha consentito al centro di mantenere la vocazione di "raccoglitore" d'un bacino d'utenza largo sessantamila persone. Questo attivismo imprenditoriale ha creato una singolare "anomalia" nell'economia irpina, generalmente depressa, incerta sul da farsi, divisa da una litigiosità comunarda che ostacola le prospettive di sviluppo. Sicché, nel generale panorama di spopolamento del cratere, le cui tinte fosche sono accentuate dalla applicazione della legge che impone la cancellazione dai registri comunali dei residenti all'estero, Lioni è l'unica isola in (modesta) controtendenza, se è vero che il numero di abitanti è passato dai 5861 dell'80 agli attuali 6017. Sarà poco, ma il saldo attivo (a cui va sommato il rilevante numero dei morti) dimostra che l'emorragia di uomini può essere arrestata, ma l'unica ricetta è quella che con disarmante semplicità Raffaele Lieto, segretario della Camera del lavoro irpina, definisce: "Dare ai giovani una ragione per restare". A questo scopo servono certo le fabbriche, ma soprattutto un'idea di futuro, una impalcatura attorno a cui progettarsi. Che consenta una volta per tutte di "non dimenticare", ma anche di guardare oltre al terremoto.

N.B. Un solo, disincantato commento: a distanza di ben 7 anni dalla pubblicazione del precedente articolo, il Comune di Lioni ha un nuovo sindaco e una nuova amministrazione, ma la realtà sociale di Lioni non è affatto cambiata...

domenica 11 novembre 2007

Uno spartiacque storico




Il terremoto dell'Irpinia

« Ad un tratto la verità brutale ristabilisce il rapporto tra me e la realtà. Quei nidi di vespe sfondati sono case, abitazioni, o meglio lo erano »
(Alberto Moravia)

Scheda sintetica sul terremoto del 1980
Data Evento
23 novembre 1980
Epicentro
Conza della Campania
Magnitudo Richter
7
Intensità
Mercalli
9
Morti (stime per difetto)
2914
Il terremoto dell'Irpinia si verificò il 23 novembre 1980. Caratterizzato da una magnitudo 7 della scala Richter, con epicentro nel comune di Conza della Campania (AV), causò circa 300.000 sfollati, 10.000 feriti e 2.914 morti.

La Scossa
Sono le ore 19:34 di Domenica 23 novembre 1980. Nella zona compresa tra l'Irpinia e la Basilicata Nord-Occidentale, la gente non è ricchissima, molti sono emigrati, molti riescono a fare nel 1980 una vita decente, altri magari sono a messa come dimostreranno i morti del comune di Balvano (PZ). Ma quel giorno, alle 19:34, tutto cambierà per sempre. Iniziano i 90 secondi più lunghi, che segneranno per sempre la gente di questi posti: una forte scossa senza paragoni con precedenti eventi, magnitudo 6.9 della scala Richter spazzerà tutto via e nulla sarà come prima. La ricostruzione iniziata immediatamente, ancora oggi non è terminata. Tant'è che il terremoto dell'Irpinia è ricordato come il "terremoto infinito". I comuni più colpiti, alla fine, risulteranno quelli di Sant'Angelo dei Lombardi, Lioni, Torella dei Lombardi, Conza della Campania e Teora, tutti in provincia di Avellino.
I comuni originariamente colpiti furono "relativamente pochi", ma il loro numero è però lievitato nel corso degli anni. Alle aree colpite, infatti, venivano destinati numerosi contributi pubblici (stime del 2000 parlano di 58.640 miliardi nel corso degli anni), ed era interesse dei politici locali far sì che i territori amministrati venissero inclusi in quest'area.
Francesco racconta: "È reso noto che la scossa rase al suolo molti centri abitati dell'Irpinia, tra cui Sant'Angelo Dei Lombardi, Lioni e l'epicentro Conza Della Campania. Un episodio che ha colpito la gente di questo luogo è quello dell'Ospedale di S.Angelo Dei Lombardi: dopo essere crollato completamente uccidendo sotto le macerie migliaia di vittime, alcune persone sono sopravvissute per mezzo della nicchia che si è andata a creare con il crollo, ai piani inferiori dell'Ospedale, nelle Sale Operatorie."
A Napoli, a seguito della scossa, crolla un palazzo in via Stadera a Poggioreale, probabilmente a causa di difetti di costruzione, causando 52 morti.
La ricostruzione, nonostante l'ingente quantità di denaro pubblico versato è stata per decenni incompleta.

I Numeri
Durata della scossa principale: 90 secondi
Morti: 2914
Feriti: 8850
Comuni originariamente colpiti: 3 ritenuti "disastrati", circa 100 i "danneggiati".

Evoluzione dei numeri nel corso degli anni
Regioni colpite: 3 - Campania, Basilicata e Puglia
Numero di Comuni colpiti: 687 di cui 3 gravemente disastrati
Superficie colpita: 17.000 Kmq
Popolazione coinvolta: oltre 5.000.000 di abitanti
Abitazioni ricostruite a spese dei contribuenti: 150.000
Contributi pubblici Stato italiano (all'anno 2000): 58.640 miliardi di lire
La finanziaria 2006 stanzia ulteriori 100 milioni di euro per la ricostruzione
Contributi da paesi esteri: Stati Uniti (70 milioni di dollari); Germania (32 milioni di dollari)

Bibliografia
Ippolito Negri. La grande abbuffata: Mani rapaci sull'Irpinia del terremoto, ASEFI, 1996.

sabato 10 novembre 2007

Presentazione




Lioni è un Comune montano situato in Provincia di Avellino, nella Regione Campania. La sua popolazione conta più di seimilacento abitanti. Sorge in una stretta valle alla sinistra del fiume Ofanto, di fronte al monte Ramatico. Lioni confina con i comuni di: Sant'Angelo dei Lombardi, Teora, Bagnoli Irpino, Caposele, Calabritto, Morra De Sanctis e Nusco. Lioni è gemellata con i Comuni di Roma, Sezze (in provincia di Latina) e Piombino (in provincia di Livorno). E' medaglia d'oro al merito civile. Il 16 agosto si festeggia il Santo Patrono, San Rocco. Tra gli edifici religiosi meritano d'essere segnalate la Chiesa dell'Assunta; la Chiesa dell'Annunziata; la Chiesa di San Rocco. Si consiglia di visitare la Villa Bianchi.

SCHEDA DI SINTESI: LIONI

Dove si trova
Regione
Campania
Provincia
Avellino (AV)
Zona
Italia Meridionale

Popolazione Residente
6.110 (M 3.004, F 3.106)Densità per Kmq: 132,3(dati Istat 2001)

Codici
CAP
83047
Prefisso Telefonico
0827
Codice Istat
064044
Codice Catastale
E605

Note varie
Numero Famiglie
2.224
Numero Abitazioni
2.780
Denominazione Abitanti
lionesi
Santo Patrono
San Rocco
Festa Patronale
16 agosto

Stemma del Comune di Lioni

Descrizione Araldica dello Stemma
D'azzurro, alla fontana d'oro, formata dal bacino rotondo, colmo d'acqua, di argento, e dallo stelo mistilineo centrale, sostenente la tazza rotonda, zampillante acqua d'argento ricadente nel bacino, esso stelo addestrato e sinistrato da due cipressi di verde, nodriti nell'acqua del bacino, il tutto accompagnato da due leoni d'oro, linguati di rosso, affrontati, il leone posto a destra poggiante la zampa anteriore destra sull'orlo del bacino e quella anteriore sinistra sul tronco del cipresso, il leone posto a sinistra poggiante la zampa anteriore destra sul tronco del cipresso e quella anteriore sinistra sull'orlo del bacino. Ornamenti esteriori da Comune
Blasonatura del Gonfalone
Drappo di giallo riccamente ornato di ricami d'argento e caricato dello stemma comunale con la iscrizione centrata in argento recante la denominazione del Comune. Le parti di metallo ed i cordoni saranno argentati. L'asta verticale sarà ricoperta di velluto giallo, con bullette argentate poste a spirale. Nella freccia sarà rappresentato lo stemma del Comune e sul gambo inciso il nome. Cravatta con nastri tricolorati dai colori nazionali frangiati d'argento
Onorificenze
Medaglia d'oro al merito civile (09/11/2005) - In occasione di un disastroso terremoto, con grande dignità, spirito di sacrificio ed impegno civile, affrontava la difficile opera di ricostruzione del proprio tessuto abitativo, nonchè della rinascita del proprio futuro sociale, economico e produttivo. Mirabile esempio di valore civico ed altissimo senso di abnegazione. Sisma 23 novembre 1980
Caratteristiche dello Stemma
Simboli
: Cipresso, Fontana, Leone
Colori: Argento, Azzurro, Oro, Rosso, Verde

STORIA DI LIONI di Roccopietro Colantuono

Lioni fu certamente uno dei tanti "vici ", nei quali vivevano gli abitanti di Ferentino. Non è dato di sapere che cosa avvenne in questo borgo, dopo la distruzione della città capoluogo e della sua città compagna, che fu Oppido. Lo stesso Livio però scrisse che gli abitanti di alcune città dei dintorni avevano deciso insieme di darsi alla fuga e le parole dei prigionieri risultarono veritiere. Anche la popolazione di Lioni dovette trovare scampo nella fuga per evitare la morte o la prigionia. Il Sannio-Irpino andava così sempre più svuotandosi : il senato romano pensò allora di ripopolarlo , facendo trasferire in dette terre i Liguri Apuani, tribù ribelli che soltanto dopo una lunga e difficile guerra furono domate dai consoli Cornelio e Bebio. Quarantamila famiglie in un primo momento, e settemila in seguito, furono costrette a lasciare le proprie terre ed a trasferirsi in Irpinia, divise in quattro colonie : la quarta occupò la valle del Calore e l'alta valle dell'Ofanto , installandosi nei vecchi territori di Ferentino sulla sinistra dell' Ofanto ( in latino Aufidus ), nell'anno 182 avanti Cristo. I territori di Oppido , sulla destra appunto dell ' Ofanto formarono dapprima " l' agro Ferentino" ( ager ferentinus) e quando in seguito , non coltivati, divennero pieni di alberi, assunsero il nome di " bosco Ferentino " (nemus ferentinum ). Il "vico" de " li liuni " era sorto lungo il torrente, che oggi porta il nome di "Vallone di S. Bernardino", nel rione che in seguito si chiamò " Fontana Vecchia" . Lungo le due colline , a sinistra e a destra del torrente , sorsero infatti i primi abituri, costituiti nella maggior parte da "grotte" scavate alle falde della collina , detta poi di S. Bernardino. Molte di dette grotte esistono ancora, anche se negli anni che vanno dal 1950 al 1970 furono in gran parte chiuse o adattate a stalle e cantine. A mano a mano si estese a ridosso delle due colline e raggiunse verso oriente , il rione Spirito Santo fino a " li fuossi " , lArco dell'Annunziata e, deviando verso nord , le mura del " Forte Caracciolo" , la Via Torricella e Via Irpina: quest'ultima fu la strada principale di Lioni dei primi secoli. Questa fu l'antica Lioni fino al 1300 circa: tutti gli altri rioni sorsero in epoche sucessive , specialmente dopo che gli Oppidani si trasferirono a Lioni. Fu edificata allora la Cappella dell'Annunziata e , a breve distanza , la " Palazzina del principe ", rimasta inalterata fino a pochi anni or sono . Furono costruite gradatamente tutte le case che del rione Caselle ; le case del rione S. Carlo e del rione S.Rocco. Negli ultimi decenni poi Lioni si è ampliata lungo Via Appia e Via Comm. Ronca, per ultimo è sorto il il rione S. Bernardino. Questo in sintesi, ma dei primi secoli di vita di Lioni nessun documento scritto è stato tramandato, il primo rimonta all'anno 833 dell'era cristiana. Premesso che Lioni viene chiamata nei vecchi documenti anche Liuni, Leoni, Leonum, Leonibus , Terra Leonum. Il Principe Sicardo di Salerno concesse a Wilirona Badessa di S. Sofia, nell'anno 833 una Corte in Leoni su richiesta di Azzone, suo parente e familiare, e di Vito, che era il preposto della Badia di S. Sofia. Leoni fu concesso in Corte col Gualdo , detto Carbarezze, che era lungo due miglia e largo un miglio. Detto gualdo forse abbracciava la zona boscosa che partendo dal " Castello di Paola" , passava per la " Fontana de lo Paccio" e andava a finire a Vallicella. L'atto di cessione di Lioni fu scritto dal notaio Teodorico nell'aprile del primo anno del principato di Sicardo, undicesima indizione. Da tale documento appare chiaro che Leoni, cioè Lioni, era un casale autonomo ed aveva un proprio territorio, che si aggirava intorno ai tremilatrecento tomoli. Per questo limitato territorio non divenne un feudo a sè. Lioni era un comune autonomo e indipendente, come è dimostrato dalla sua cessione in corte alla Badessa di S. Sofia: il diploma di Sicardo infatti non fa seguire alla parola "Leonum" alcuna specificazione o determinazione. Sul territorio lionese sorsero castelli e torri, di cui ancora si possono vedere le vestigia, così in contrada "La Torre", come sulla sinistra dell'Ofanto, presso la piccola cascata di "Gorgosavo". Tra l'833 e il 1100 si ebbe il periodo più tormentato per queste terre: oltre ai terremoti e alle guerre dei Longobardi, furono in questi luoghi i Saraceni, che tanti disastri e lutti operarono dappertutto fino a quando nel 1076 Roberto il Guiscardo, dopo averli annientati, impose il dominio normanno, stabilendosi a Melfi. Nel 1130 ebbe inizio il Regno delle Due Sicilie per opera di Ruggiero, Re dei Normanni, che ebbe l'investitura dall'antipapa Anacleto II e che sottrasse il Ducato di Benevento ai Longobardi. Verso il 1250 gli abitanti di Oppido Nuovo cominciarono a trasferirsi nel Casale di Lioni, l'esodo continuò per tutto il secolo, tanto da suscitare la reazione di Giacomo de Oppido, suffeudatario della Contessa di Apice, contro la feudataria di S. Angelo dei Lombardi, che li allettava a trasferirsi a Lioni, che dipendeva da lei. Il reclamo fu fatto nel 1298: nel 1296 gli abitanti di Oppido vennero alleggeriti di tasse ed imposte. Ma questo non bastò, poichè nel 1297 Filippo Frainella, nuovo suffeudatario di Oppido, espose alla Regia Corte che il suo territorio di giorno in giorno si andava spopolando, perchè i vassalli si trasferivano nel casale "li Liuni". Ormai l'Ofanto non segnava più la divisione fra Lioni e Oppido, ma diventava un anello che li univa nuovamente, come al tempo di Ferentino, avendo avuto la stessa origine. Tra il 1300 e il 1400; inoltre anche la peste del 1326 e i terremoti, che dal 990 in avanti colpirono queste contrade, contribuirono a far sì che gli abitanti superstiti riparassero in Lioni. Forse anche la paura di rappresaglie da parte dei fautori di Luigi, Re d'Ungheria, che venne a Napoli per vendicare l'uccisione di suo fratello Andrea, marito della Regina Giovanna II (1345), contribuì a far trasferire a Lioni gli ultimi abitanti del Piano d'Oppido. Giovanni Zurulo, nella lotta che si accese tra Aragonesi e Angioini il conte fu prima con gli uni e poi con gli altri, opportunista e voltacasacca sempre, finchè "lo fecero uccidere dentro lo letto" tagliandolo a pezzi. Suo figlio Salvatore Zurulo, " Conte di Lioni, Monticello, Morra, Guardia, Oppido (feudo disabitato), Andretta e Fossaseca con Rocca S. Felice" non avendo voluto cederla agli Orsini provoco' le ire della Regina Giovanna II. Il conte Ser Giovanni Caracciolo del Sole di Avellino (noto drudo della Regina, fatto poi da lei assassinare la sera del 19 agosto 1431), acquisto' per diecimila ducati la Contea, che l'anno successivo cedette al fratello Marino. Questi fu un grande diplomatico e un valoroso condottiero in guerra: costruì a Lioni una fortezza, nota col nome di "Forte Caracciolo", che venne poi ceduta al Comune di Lioni. Nel napoletano si riaccese la guerra fra i partigiani degli spagnoli e quelli dei francesi. La guerra ebbe breve durata, ma fu violenta e crudele. Fu questa la più grande calamità, sofferta da Lioni nel corso dei secoli. Fu in tale frangente che vennero distrutti il "Forte Caracciolo" e la primitiva Chiesa a croce greca, che sorgeva leggermente più a sinistra e più a sud ovest dell'attuale Chiesa Madre che venne costruita nel 1580 sulle rovine del detto Forte o Castello, che dir si voglia. Puo' darsi che pure in questa occasione venne distrutto il "Convento di Benedettine". Certamente durante un incendio andarono distrutti tutti i documenti che riguardavano Lioni antica e quei pochi che potettero essere salvati finirono sotto le macerie causate dai terremoti del 1694 e del 1732. E così Lioni venne messa a ferro e fuoco dalla ferocia di un mostro, proprio mentre il mondo intero festeggiava la scoperta dell'America ed augurava un avvenire più lieto per l'umanità e costumi più raddolciti. Frattanto l'Università della Terra di Lioni si sollevava dalla grave sciagura e provvedeva a riparare non soltanto le abitazioni, ma anche la Chiesa. E così la più antica campana, fusa nel 1494, potè chiamare, con il suo noto suono argentino, i superstiti alla preghiera e infondere nei loro cuori il coraggio necessario a vivere e la rassegnazione cristiana. La popolazione, che si era assottigliata nel 1496, continuo' a diminuire nel 1527 a causa della peste: nel 1532 gli abitanti si ridussero a soli 1104. La Chiesa Matrice, che è stata sempre municipale, come è anche adesso, ossia con patronato dell'Università della Terra di Lioni, danneggiata ancor più dal terremoto del 1536 e resa pericolante dal terremoto del luglio 1561, venne demolita. La nuova Chiesa Matrice venne consacrata nel 1580 e riconsacrata l'8 luglio 1702. Da una statistica ufficiale (scrivono G. e L. Sansone) rileviamo che Lioni nel 1532 contava 1104 abitanti, che nel 1656 questi salirono a 2112. Pero' proprio nel 1656 la peste decimo' la popolazione . Dal "Libro dei Morti" di quel tempo si possono ricavare la data d'inizio, il rincrudimento e la data dell'ultimo caso di peste a Lioni. L'epidemia duro' esattamente un anno:dal 1° luglio 1656 al 30 giugno 1657. Un tal Ferrante Ricca, per essere venuto da Napoli appestato, diffuse il contagio fra la popolazione. Dopo otto giorni dal suo ritorno, il 9 luglio 1656 morì dentro Santa Maria del Piano. L'elenco dei morti continua, mentre la peste infuria e miete sempre più le sue vittime. I morti di peste, anche a Lioni, non vennero sepolti nelle fosse comuni delle Chiese, ma nella campagna fuori " le mura della Terra": quelli che morirono nelle dimore campestri, nella maggioranza dei casi furono seppelliti nelle vicinanze delle abitazioni stesse, all'ombra di qualche albero. E' da ammirare lo spirito di abnegazione, dimostrato dall'allora Arciprete D. Francesco Antonio Ronca, che noncurante del morbo non solo confesso', amministro' i sacramenti e reco' il suo conforto spirituale a molti appestati, ma trascrisse anche le loro ultime volontà, che risultano infatti nel detto libro. Nessun danno subì Lioni per il terremoto del 9 novembre 1680 e per quello del 5 giugno 1688, che rasero al suolo S. Angelo dei Lombardi. Nel 1694 Lioni ebbe 45 vittime a causa del terribile terremoto, che demolì fin dalle fondamenta paesi e città. La Chiesa Matrice venne ricostruita nelle parti crollate, come pure le case private. La vita si stava normalizzando, quando il 29 novembre 1732 un nuovo spaventoso terremoto provoco' nuovi danni alle abitazioni e fece crollare la Chiesa Madre e tutte le altre cappelle. Nel 1742 venne riaperta al culto la Chiesa dell'Annunziata; nel 1743 la Chiesa Madre,; nel 1748 venne riedificata la cappella di S. Antonio; nel 1759 quella di S. Carlo e nel 1785 venne ingrandita la Chiesa di S. Rocco, mentre non venne più costruita la cappella del Carmine, che era all'ingresso del Cimitero di S. Rocco. Nel 1734 don Carlo dei Borboni aveva occupato Napoli e, dopo aver liberata l'Italia Meridionale e la Sicilia dai Tedeschi, era stato riconosciuto il 19 novembre 1735, con la pace di Vienna, Re di Napoli e di Sicilia. I Borboni rimasero al potere fino al 1860, salvo la breve interruzione del governo napoleonico. Infatti nel 1805 Napoleone dichiarò decaduti i Borboni, mentre nel 1806 Giuseppe Bonaparte diventò Re di Napoli ed abolì la feudalità. In quell'anno, l'8 agosto, Avellino ridiventò capoluogo della Provincia di Principato Ultra. Tra il 1800 e il 1810 prosperò il fenomeno del brigantaggio, combattuto dal nuovo Re Gioacchino Murat, che tra l'ottobre e il dicembre del 1810 riuscì a ristabilire l'ordine, avendo fatto giustiziare o imprigionare circa 1200 briganti. Tra questi ve ne furono alcuni, che - appena presi - furono legati, appesi ad un anello di ferro, ben fissato alla parete settentrionale esterna della Chiesa di S. Rocco, ed ivi giustiziati. Il 16 febbraio 1818 venne stipulato un Concordato tra la Santa Sede e il Regno delle Due Sicilie, che venne pubblicato il 13 agosto 1819 col "Breve Impensa", che modificò in parte la legislazione esistente. Il Concordato sostituì leggi e decreti anteriori, riguardanti - tra l'altro - la religione, l'insegnamento e i beni ecclesiastici e delegò agli Arcivescovi, Vescovi od Ordinari dei luoghi la facoltà della collazione al di qua del Faro. Nel 1848, a causa di continui tumulti, molti cittadini lionesi vennero processati e furono " emesse sentenze contro persone che professavano idee liberali" Nel 1860, cacciati i Borboni, venne istituita la Guardia Nazionale, mentre coloro che non vollero accettare la liberazione, si dettero alla macchia e divennero dapprima partigiani borbonici e poi briganti. Frattanto le locali autorità amministrative cercarono di superare questi anni critici, aumentando la difesa dei cittadini. Il 2 giugno 1872 la Giunta Municipale di Lioni, con delibera n. 15, approvò a voti uniformi di "offrire e pagare in favore del Consorzio Nazionale la metà del fondo stanziato nel Bilancio Comunale ... per la Festa Nazionale dello Statuto..., e propriamente lire dieci, e ciò in segno di caldi sentimenti di patriottismo da parte di questo Municipio". Nel 1897 la linea ferroviaria Avellino - Rocchetta S. Antonio lambì Lioni e diede nuovo incremento alla vita paesana, anche perchè dalla stazione lionese dovettero servirsi (ed ancora oggi si servono ) gli abitanti di Caposele e di Teora. L'8 giugno 1908 Vittorio Emanuele III, re d'Italia, e la regina Margherita pernottarono nel treno alla stazione di S. Angelo L., che è in territorio di Lioni: essi si recarono a visitare alcuni paesi danneggiati dal terremoto, specialmente Calitri. Nel 1910 la luce elettrica suscitò nella popolazione ammirazione ed esultanza: l'avvenimento fece passare in secondo ordine anche le beghe paesane e per alcuni giorni divenne l'unico argomento delle conversazioni. Nel 1914 vennero approvati i progetti per l'acquedotto e per l'edificio scolastico, che non poterono essere mandati ad effetto a causa della prima guerra mondiale, che l'anno successivo vide l'Italia in armi. Si ebbe così un periodo di stasi nelle opere pubbliche, interrotta solo dalla costruzione del campanile, accanto alla Chiesa di S. Rocco, nel 1916. Le amministrazioni, che si succedettero dopo la prima guerra mondiale, diedero maggiore impulso alla costruzione di opere pubbliche e si dedicarono innanzi tutto ad estendere le fognature ed a pavimentare un gran numero di strade interne. Nel 1921 venne approvata la delibera per la costruzione di un "Monumento ai Caduti" della guerra 1915 - 18 per L.2000. La statua in bronzo venne poi eseguita dallo scultore Ennio Tomai, abruzzese. Nel 1922 venivano approvati il "Capitolato d'appalto per la costruzione dell'acquedotto e norme per la gara". Fu questa l'opera, che ridonda in modo particolare ad onore dell'amministrazione del tempo, con a capo il Sindaco D'Urso Dott. Antonio, che seppe così sopperire alla carenza di acqua. Dopo un periodo burrascoso, che va dal primo novembre 1928 fino al 29 luglio 1933, in cui si alternarono ben dieci tra podestà e commissari prefettizi, venne nominato podestà il Direttore didattico Ricca Vitale, che per più di quattro anni resse le sorti del Comune. In quegli anni Lioni si arricchì della casa dell'Opera Nazionale Maternità e Infanzia (O.N.M.I.), del Consorzio Antitubercolare e dell'Edificio Scolastico "Teodoro Capocci", che però non venne ultimato e solo dopo la seconda guerra mondiale, e precisamente il sette gennaio 1948, potè accogliere le scolaresche, che fino a quel momento erano state sistemate in separati locali di fortuna, quasi tutti a pian terreno. Il Prof. Ricca pensò a dare assetto al "Largo Croce". Alla Piazza della Vittoria seguì il Viale S. Rocco con marciapiedi e sedili; ebbe un piccolo assestamento la piccola Villa Comunale, abbellita sul davanti da una vasca monumentale con due artistici leoni ai lati. Quest'ultima venne demolita, circa dodici anni or sono, non per far posto, come si disse, all'attuale Monumento ai Caduti (opera molto modesta in confronto alla fontana zampillante, che era stata sempre l'attrattiva degli abitanti di Lioni e dei turisti), ma solo per far scomparire i resti di un passato che nonostante tutto, ha lasciato le sue tracce nella storia della Patria. Per calmare in parte il malcontento della cittadinanza per quell'atto vandalico, venne fatta costruire nel 1961 la piccola vasca circolare. Per volontà del benefattore Rev/do D. Felice Perrone sorse su terreno comunale ceduto dall'amministrazione alcuni lustri or sono, cioè nell'anno 1949, il "Convento Francescano di S. Rocco", affidato ai Frati Minori. In questi ultimi anni, e specialmente nel biennio 1970 - 71, molte strade furono selciate, altre furono asfaltate; furono riattate insieme con la Chiesa Madre e col campanile anche la Chiesa di S. Rocco, il Santuario di S.Maria del Piano e la Cappella di S. Bernardino. Venne quasi ultimato l'edificio per una moderna Scuola Materna Statale a tre sezioni. Benedisse i locali l'arciprete Calvanese Antonio; tagliò il nastro tricolore la gentile madrina signora Chieffo- Palmieri. Oggi Lioni si presenta al visitatore come una pittoresca e accogliente cittadina, con strade pulite e ben tenute, che permettono al centro un traffico intenso e che danno la possibilità di raggiungere facilmente le varie contrade di campagna.